Accompagnare fino all’ultimo momento, garantire la dignità e lo «stare bene», anche alla presenza delle patologie che più spaventano.

In nome di questo principio, assicurato sulla carta dalla legge, ma ben più difficile da mettere in pratica, è stata siglata un’alleanza tra due realtà no profit che supera i confini nazionali: l’associazione L’Acero di Daphne di Verona e lafondazione ELSER di Barcellona.

L’Acero di Daphne: l’associazione in nome di Laura

La prima già nel nome racconta una storia familiare: quella di Patrizia Scudellaro e di Giuseppe Moretto, moglie e marito (lui con un passato di neurologo all’azienda ospedaliera) e dalla figlia Laura, morta precocemente a causa di una grave malattia. Acero come Canada, paese che Laura aveva scelto come seconda patria, Daphne come la ninfa trasformata dagli dei in un albero d’alloro (il lauro). Da anni si occupa di cure palliative, soprattutto psicologiche e di sollievo (yoga e musicoterapia) per i pazienti di patologie croniche.

Elser: la fondazione spagnola che finanzia le cure palliative

La seconda è nata per volontà dell’imprenditore di Barcellona Luis Barcala, che ha come mission quella di finanziare realtà umanitarie in tutti i continenti. E proprio in Catalogna una dei primi enti a beneficiarne è stata la fondazione Paliaclinic che si occupa di alleviare le sofferenze dei malati terminali pediatrici. Un patto, reso possibile anche grazie al lavoro di intermediazione dell’avvocato veronese Elena Corsini, che prevede uno scambio di «buone pratiche»: se la Spagna è particolarmente specializzata nelle terapie, infatti, in Italia si può contare su una legge all’avanguardia e sull’esperienza di molti volontari.

Cure palliative: la sfida per il futuro

Per Moretto si tratta di un impegno necessario, visto le prospettive future che aspettano la sanità. «Occorre fare i conti – ha spiegato ieri durante la presentazione della partnership, all’Hotel Relais 900 di Verona – con il trend demografico che ci parla di un mondo nel 2050, in cui gli ultracentenari saranno 3 milioni in tutto il globo, anziché gli attuali 400 mila. E nei paesi avanzati la sfida principale, sarà quella delle malattie croniche gravi, che colpiscono in particolare gli over 65». Malattie spesso da cui non si può guarire, ma non per questo «incurabili». «Abbiamo deciso di concentrarci sulle iniziative di sostegno perché aiutano la qualità della vita: il paziente vive meglio e più a lungo – conclude Moretto – ma allo stato attuale queste terapie non sono garantite: eppure, in Italia, si contano almeno 500 mila persone che dovrebbero averne accesso».

Questo articolo è tratto dal Corriere della Sera, 10 gennaio 2020